mercoledì 1 novembre 2017

15.1

Sto rileggendo un mio romanzo inedito per mia decisione.
È la storia di uno scrittore di successo che improvvisamente subisce il blocco dello scrittore e non riesce a concludere il suo romanzo. Si tratta quindi di un romanzo nel romanzo. C'è naturalmente l'opera  incompiuta con continue interpolazioni, che sono i commenti che lo scrittore, esasperato e provato dalla sua incapacità di concludere, scrive di tanto in tanto commentando e spesso amaramente prendendo in giro i suoi personaggi e quindi se stesso.
Ho trovato ieri sera questo brano che mi è piaciuto -non ricordavo poi tanto di un romanzo finito un paio di anni addietro- e voglio postarlo adesso. 
Così, tanto per cambiare, dopo poesie e veleni politici.

Si può conoscere l'infinita società umana con tutte le sue miserie alzandosi prestissimo al mattino, prima dell'alba è il mio consiglio, e andandosene a piedi per il centro di una qualsiasi città di almeno duecentomila abitanti.
Prima di tutto infilarsi nei vicoli, guardando in tutti i portoni, in tutte le insenature, gli angoli, i gomiti, ovunque sia possibile un riparo, specie se ci sono portici o comunque gallerie coperte. Si scopre il mondo dei senzatetto, il mondo dei pidocchi in marcia alla conquista del paradiso.
Nella città che conosco io c'è un vicolo cieco chiamato vicolo cieco dei vagabondi, anche comunemente chiamato il vicolo dei barboni. C'è di tutto e turatevi il naso prima di entrarvi, altrimenti vomitate addosso a quei poveracci. Ma attenzione: sono visibili fino alle cinque e mezza, perché alle sei sono spariti tutti. Dove diavolo vanno costoro?
Spariscono e basta.

Spostiamoci adesso al centro, al crocicchio tra due vie principali, la Kaiser Strasse e la Karl Strasse, il cuore della città dopo le otto, ma adesso sono le sei passate da poco. Non bisogna aver fretta, basta essere ben coperti, un giubbotto di nappa leggera va sempre bene perché qui è umido e freddo a quest'ora fino a giugno inoltrato, avere un thermos con caffè bollente d'inverno o con una limonata fresca d'estate, e tanta pazienza.
Prima o poi escono fuori, dapprima timorosi poi sempre più audaci, sicuri di sé, sprezzanti: è il popolo delle mezze tacche, dei reietti, degli storpi, dei nani, che saltabeccando, ruzzolando con andature a sghimbescio, correndo ognuno come la natura ingrata gli permette, in pochi minuti brulicano per strada come rivoli di pus e di acqua lercia.
Scompaiono come topi e non lasciano alcuna traccia del loro passaggio.

Poco prima delle sette le strade sono a disposizione dei normali, dei monotoni, dei senza difetti apparenti, della noia.
Nessuno sa come i nani gli storpi i reietti tornino a casa, attraverso quale strada, quale percorso, perché neanche a rimanerci ventiquattro ore su quell'incrocio non li si vedrà più tornare, ma solo poco dopo le sei di nuovo uscire e invadere per pochi minuti quel territorio proibito come figurine animate di un caricaturista sadico e un poco pazzo.
Sono andato una mattina dietro l'altra per tre giorni ad aspettarli e per un'ora per un minuto per un attimo sono stato uno di loro, un poco barbone, un poco storpio, un miserabile comunque, e ho vissuto una pompata di sangue di vita strappata al nulla di chi niente chiede e niente dà, per poi tornarmene al mio ricovero ben protetto con tanta nostalgia per quel minuto rubato di pienezza umana.

***


28 commenti:

  1. Capperi! in un post, con l'inizio di un romanzo, hai dipinto un mondo che pochi conoscono. Un'umanità varia e variegata che si divide tra i poveracci e gli altri. Due mondi distinti che non si incrociano mai perchè quando uno appare l'altro scompare.
    Davvero bello! A quando il seguito?
    E perchè non lo hai mai pubblicato?

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    1. Chiarisco. Non è un incipit. Il romanzo è strutturato su due piani e si tratta di romanzo NEL romanzo. In breve: chi scrive la storia di J.M. non sono io ma uno scrittore di successo che improvvisamente ha subito il "blocco dello scrittore", insomma si è fermato in prossimità della conclusione e non riesce a scrivere una riga. Evidentemente legge e rilegge il suo manoscritto cercando di ritrovare il perduto sprint. Non se ne avverte la presenza però se non per commenti sistematici quasi tutti alla fine di ogni capitolo (il 15.1 significa appunto primo commento al capitolo 15) ed esprime la sua rabbia e la sua frustrazione prendendo in giro a volte, ma sempre più spesso, i suoi protagonisti e ciò che dicono e fanno.
      A volte però gli vengono su considerazioni come questa del post, che non capita così a casaccio ma è sollecitata dall'incontro del protagonista con poveri emigrati del profondo sud italico molto rozzi e malandati.
      Alla fine dell'ultimo capitolo prodotto lo scrittore bloccato esploderà in un monologo, che è un racconto a ritroso della sua genesi come scrittore portandolo fino alla conclusione del romanzo, che finalmente arriva ma completamente diversa da quella idealizzata all'inizio della sua opera, ed alla conclusione del suo ciclo vitale.
      "Hai dipinto un mondo che pochi conoscono". Io l'ho conosciuto quando soffrivo di insonnia e deambulavo per la città di Karlsruhe, cane notturno solitario e curioso.
      Posterò ancora qualcosa, non vi mollo così in mezzo alla strada con in mano un cono di gelato con pochissimo gelato dentro.
      Non l'ho ancora pubblicato (leggi cercato di pubblicare) perché l'ho ritenuto di difficile comprensione per "lo scrematore", il primo lettore che legge le prime 10 pagine, una ventina del centro a caso e le ultime 10. Non credo ci capirebbe niente destinando il manoscritto ad un percorso nella spazzatura.
      Grazie Pat.

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    2. Ti dirò che a me come incipit invece sarebbe piaciuto molto. Dà grandi aspettative per il prosieguo.
      E tu prova a ripensarlo tutto. Questa potrebbe essere la parte del romanzo tuo fino a quando non ci riveli che è opera del tuo personaggio.

      Ho capito cosa mi hai scritto ma la mia te la dico lo stesso 😆

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    3. Io sto molto attento alle opinioni dei miei lettori intelligenti e tu con questa tua osservazione mi hai messo una pulce in un orecchio. Meriti che te lo dica.
      Sto rileggendolo e ho visto già qua e là delle incongruenze. Non molte, ma qualcosa va cambiato e qualcosina -poco poco- va eliminato.
      Terrò presente questa possibilità quando e se decidessi di tentare di pubblicarlo. Ora leggo fino alla fine.
      Sta succedendo come con i quadri che appena dipinti ti sembrano niente affatto buoni e che io faccio sparire in cantina. Rivisti dopo due o tre anni hanno tutto un altro aspetto e spesso li trovo buoni.
      A me capita. Sono anche un ripensatore.
      La tua idea non è malandata. Grazie a prescindere.

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  2. Sono immediatamente entrata fra quelle vie e ho visto, come se fossi lì, quegli esseri che tutto sommato sono più vivi di quei vivi così monotoni e annoiati. Complimenti Vincenzo, aspetto il prosieguo.
    sinforosa

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    1. Hai annusato anche la puzza? Io l'ho fatto. Sgradevole, ma sapeva di vita umana. Per il prosieguo dai un'occhiata alla mia risposta a Patricia.
      Grazie del tuo commento, Sinforosa.

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  3. Mi piace, perché qui si racconta "raccontando molto altro", ovvero del modo di vivere, di ciò che è e di ciò che appare, di ciò che in molti vedono/vediamo e dell'invisibile (o quasi).
    Solo una città- mai troppo piccola- può darti quest'esperienza, come tu giustamente sottolinei.
    Anni fa vidi una scena apparentemente senz'importanza in una città dell'Austria: c'era un immigrato che, a fine giornata, portava suo figlio a casa, un bambino che avrà avuto al massimo dieci anni.
    Nel modo di muoversi dei due mi parve di leggere una condizione di preoccupazione costante, appena mitigata dal legame padre-figlio: lessi la protezione e il timore del padre nei confronti il figlio; la fiducia e assieme l'incertezza, quasi il timore, del bambino.
    La scena mi colpì perché vi lessi i segni di una specifica condizione, e di immigrati, e di precari del vivere.
    Lo raccontai poi a qualcuno, ma non riuscii a farmi capire. Uscirono fuori le solite considerazioni negative sugli immigrati, non ci fu verso di far capire che quella da me descritta era una scena di "condizione umana" a prescindere dal contesto, qualcosa che avrei potuto respirare anch'io vivendo in una paese straniero, qualcosa che hanno vissuto e anche raccontato tanti nonni (e non solo) italiani...
    E' proprio vero, se non si riesce a far viaggiare il piano temporale quotidiano con il piano temporale storico e della memoria si è falliti come esseri umani.
    Ciao, Vì,

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    1. "Condizione umana" ecco di cosa si tratta, hai visto benissimo. Puoi essere bianco, nero o pezzato dipende dal senso di precarietà che a volte hai perfino a casa tua. Recentemente è capitato a me di vedere occhi sgranati per lo sgomento in gente tutto sommato normale, quindi al di sopra di ogni sospetto, erano due ragazze islamiche non turche. Non conosco la lingua che tra loro balbettavano, ma si vedeva che più che paura erano preda di una sensazione di squallore dentro di loro, come se si fossero improvvisamente rese conto che il mondo in cui vivevano le odiava. Successo a Berlino durante una manifestazione delle destre estremiste con un mare di poliziotti in giro, che non avrebbero permesso nessun tentativo di violenza, nemmeno verbale, infatti cantavano le loro canzonacce e basta, niente slogans antisemiti o razzisti, non sono scemi; ma era il modo con cui traguardavano le due ragazze che fceva veramente schifo: come quando vedi escrementi disgustosi. E le due ragazze hanno sentito quello sguardo sulla loro pelle come una botta di lanciafiamme.
      Questo senso di solitudine anche in mezzo a milioni di persone ostili è quello che ti congela l'anima, penso io.
      E credo sia quello cui alludi tu.
      Ciao, Sabina e grazie del tuo intervento.

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  4. Complimenti! Un passo che ti immerge in quella realtà con precisione e delicatezza, con lucidità ed amore, con rispetto verso soggetti che quelli "normali" non considerano, disprezzano o quasi temono. Mi hai fatto tornare in mente le foto di Diane Arbus, donna straordinaria che fotografava ai suoi tempi soggetti di circhi (quelli che denomineremmo oggi fenomeni da baraccone) diseredati, gay, e tutta quella profonda umanità che gli altri non considerano.

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    1. Tu ci arrivi per intelligenta e sensibilità e forse per le stesse ragioni ci sarei potuto arrivare anche io, ma ho visto coi miei occhi situazioni in cui la differenza sociale scava abissi tra un'Umanotà di "normali" e una pseudo Umanità, che poi a ben guardare è quella che sola sa soffrire in silenzio, senza maledire e senza lamenti.
      Nella vecchia mia casa avevo a disposizione un garage costruito con esili mura di mattoni di cemento e una tettoia. D'estate una fornace, d'inverno una ghiacciaia.
      Eravamo in Italia una settimana in un mese di gennaio e ritornammo che era quasi notte. Aprii la saracinesca del garage, che io lasciavo sempre accostata tanto era vuoto e dentro alla luce dei fari vidi due corpi distesi a terra accostati l'uno all'altro. I due barboni si alzarono immediatamente. Fuori c'era un manto di neve ghiacciata. Feci cenno a quei due di rilassarsi, tirai giù la saracinesca e spensi fari e motore della macchina. Mi sentivo in colpa al pensiero che io stavo per entrare il casa mia riscaldata a dovere. Sarebbero stati un bel soggetto per Diane Arbus, ne sono convinto e forse anche la mia faccia avrebbe fotografato, titolandola "homo quasi sapiens, stupitus".
      Ciao, Daniele. È sempre un piacere leggere i tuoi commenti.

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  5. Hai descritto una sorta di girone dantesco, che però esiste solo in questo mondo, voluto da quell'umanità che non ha pietà per nessuno , che prova fastidio , se non addirittura orrore per quella umanità che per loro non dovrebbe esistere, che tra sè pensa che Hitler non avesse tutti i torti a volere una razza ariana priva di storpi e nani...
    Potrebbe essere una buona idea quella di terminare questo romanzo che mi sembra anche molto attuale.
    Cri

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    1. Mi piace l'idea del girone dantesco, ma in effetti questo mio brano mi fa un po' pensare a quei pittori olandesi che dipingevano facce mostruose in quantità industriale. Oppure ad alcune pagine de Les miserables di Victor Hugo, quando parla del sottobosco pseudoumano della Parigi che lui descriveva.
      Il romanzo? Il fatto che mi sia venuto l'uzzolo di rileggerlo dimostra che dentro di me coltivo la voglia di pubblicarlo. Ci sono alcune difficoltà, ma io senua difficoltà non so proprio vivere.
      Grazie della spinta, Cris.
      VIN

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  6. E tu, dopo aver dato saggio di quanto sai descrivere bene la variopinta natura umana anche nelle sue bassezze, molli così e non pubblichi?
    Vincenzo, vuoi vedermi arrabbiata? ;-)
    Sai che ti sostengo, quindi torna sul tuo progetto e dacci dentro.
    Baci.

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    1. Sono proprio in imbarazzo, vedi un po'. Questo testo mi ha sempre affascinato, ma come sempre avviene per tutte le cose mie (prodotte da me) sono estremamente critico e sempre col naso per l'insù e la bocca storta.
      Non voglio vedere arrabbiata te, ci mancherebbe.
      Ci penserò bene bene, te lo prometto.

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  7. Il progetto è molto interessante, anche perché non è semplice delineare un romanzo nel romanzo, perciò sarei incuriosita di vedere la tua opera finita.
    A presto!

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    1. È quello il guaio! Il romanzo nel romanzo. Succede che il lettore della Casa Editrice non ci capisca più niente, perché non è possibile fin dalle prime pagine dichiarare "ehi, gente, guardate che questo è il testo che un tizio sta scrivendo, non è questo il mio romanzo...leggi oltre ché il seguito ti farà -si spera- capire tutto" ed il lettore postilla: "io ho capito già adesso e scivo a caratteri cubitali NO" e tu, cioè io sono fregato.
      Mah! Ci devo fare una forte e lunga riflessione, ma la devo fare adesso. Promesso.
      A presto Ofelia.

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  8. Uhm, tu hai mai letto Walter Siti?
    Dubbio che mi è venuto leggendo la tua spiegazione all'inizio del brano.
    E' un grandissimo autore italiano che nei suoi romanzi, mette delle appendici per spiegare passi, interagire con i suoi personaggi, per placare i suoi dubbi.
    E poi me lo hai ricordato anche nel brano postato.
    Penso sempre che non avendo limiti nella scrittura e nessun pudore, sei grandissimo.
    A volte anche stomachevole (nel senso del pugno allo stomaco che regali).
    Come solo alcuni riescono a fare.
    Pochi, ottimi Autori.
    Buona domenica amico mio.

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    1. Di Walter Siti ho letto soltanto "Resistere non serve a niente", vincitore dello Strega di quattro anni fa. Bellissimo libro, scritto come piace a me, con impeto ragionato e riflesso. "...per spiegare passi, interagire con i suoi persiónaggi, per placare i suoi dubbi". Sì, ci siamo. Il mio autore del romanzo che non finisce mai ha dubbi, livori con se stesso, ripensamenti, rabbia che a volte riversa in cruda presa in giro di ciò che ha scritto, in effetti di se stesso, mettendo a nudo una intimità molto friabile, una fanciullesca indecisione nel prendere una strada. Lascia infatti il suo personaggio principale alla balia di chiunque voglia usarlo, traendone un vantaggio, impossibilitato com'è a darsela a gambe visto che ne ha solamente una buona e che si trova ancorato ad un letto di ospedale. Questo mi è venuto in mente tanti anni addietro studiando l'Agamennone di Eschilo, ed i commenti di Gennaro Perrotta. Insisteva sul teatro greco basato sull'unità di tempo e di luogo, così io fin da allora mi inventavo storie legate allo spazio e al tempo.
      Mi hai fatto salire il sangue alle guance. Li sai fare i complimenti tu senza eccedere. Sì sono stomachevole: il primo pugno è sempre al mio stomaco, ma è giusto che sia così.
      Felice domenica anche a te, amica mia.

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    2. Non ho letto ancora il libro con cui vinse lo "Strega".
      Nonostante lo ami molto ogni volta sto male nel leggerlo, per cui ci vado piano con lui.
      Quando lessi "Il contagio" rimasi scossa per diversi giorni.
      La crudezza e la violenza del suo messaggio, purtroppo verissimo, mi fecero star male.
      Sono una sensibile io.
      Ho finito da poco di leggere "Bruciare tutto".
      Sono indecisa se parlarne o meno sul mio blog.
      Ma te lo consiglio.
      Per i complimenti, faccio quel che posso.
      Come sai, sono sincera fino all'assurdo, nel bene come nel male.

      PS: a Milano piove, l'Inter ha pareggiato con il Torino, la Juve vince contro il mio Benevento che però l'ha fatta soffrire per almeno un tempo, il Napoli pareggia, la Roma vince.
      Una domenica di emme...

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    3. Voglio leggerne ancora di Siti. Mi piace la gente che non va in giro battendo la grancassa e gridando "guardate quanto sono bravo", poi cucina sempre la stessa zuppa sciapita.
      Facci un post.
      Sincerissima, lo so. Così mi piaci.

      PS: però qualche volta sei troppo ben educata.
      UNA DOMENICA DI MMMMMERDAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!

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  9. Ehilà, da quello che leggo sei bravo. A scanso di ogni retorica.
    Mi pare che la tua scrittura sia essenziale, diretta, senza fronzoli e con belle coloriture. Mi garba assai.

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    1. Visto? Non ti ho ingaggiata nella mia squadra per farti sedere nela cabina delle riserve che non giocano mai.
      Belle parole scrivi, l'una accanto all'altra che non si accavallano. Ma questo lo avevo già notato leggendo il tuo blog. Che posso dire? Bene arrivata e grazie.

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    2. Vincenzo, ti rispondo qui.
      Il mio modesto blog è letto da alunni, colleghi, famiglie. La tua era una bella risposta, considera che l'ho apprezzata, però faceva riferimento a sesso, ecc.
      Insomma, meglio...evitare. ;-)
      Spero tu abbia capito, chiedo venia.
      Felice di essere nella tua squadra.

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    3. Me l'ero infatti immaginato, e non te ne devi scusare ma accettare le mie scuse. Non ricordo proprio cosa ho scritto, ma te l'ho detto che io quando commento apro il rubinetto e scrivo quel che mi viene di getto. Normalmente è leggibile, qualche volta è un po'aspro. La mia spontaneità è un pregio e un difetto, ma può darsi che io inconsciamente qualche volta ne abusi. A dire il vero non è che io sia riuscito a tutt'oggi a decifrare il magma che sta dentro di me nei piani superiori, c'è molto che mi sorprende a volte.
      Felice che tu ne sia felice, Luz.

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  10. Nonno Vincenzo, cosa vuol dire che non sai se pubblicare?
    Mi vuoi lasciare nell'angoscia del'incertezza?
    No dai!!!!
    Un bacio grande,
    Luzia

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    1. Nonno Vincenzo a me? AMMMMMMEEEEE?
      Potrei essere il tuo BISNONNO....mbèh....maggior rispetto.
      Cosa vuol dire? Che lo sto rileggendo con estrema attenzione e che mi strapazzo tra entusiasmi giovanili e depressioni da iscritto al Partito Democratico dopo tutte le batoste elettorali rimediate negli ultimi anni.
      Starò molto attento. Se penso di non sputtanarlo lo pubblico, promesso, Luzi, promesso.
      Bacione grosso più di te, e grazie per il tifo da stadio.

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  11. E vengo anch’io, eh, Vincenzo, ché il tuo romanzo e la sua costruzione mi hanno incuriosito subito quando ne hai parlato.
    È particolare, potrebbe essere il diverso che fa la differenza con ciò che di omologato si legge in giro. Ora corro a leggere gli altri post più recenti...

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    1. Io ti stavo aspettando e quando ho visto la tua foto tra i miei followers ho capito che stavi arrivando.
      Prendo nota delle tue osservazioni, e grazie.

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