Negli ultimi giorni dalle parti del Nazareno e da tutte le trasmissioni TV, dove i baldi Pidiessini proliferano come funghi. si innalza al cielo un coro belante di pecoroni che inneggiano al gran sacrificio dell'uomo della provvidenza, che -unico esempio in Italia- si è dimesso mostrando dignità, correttezza morale ed amor patrio. Un'autentica beatificazione, dove quella che è la norma in altri paesi per chi esce sconfitto dalla competizione dove ha affidato il suo scarso passato nonché il fulgido futuro, sembra essere una rarità a disposizione di un unico eletto, lui il santone di Pontassieve. l'unico in possesso di questa dirittura morale.
Ricordo sommessamente a questo branco belante un solo esempio: Giuseppe Pella, che il 12 gennaio 1954 si dimise appena approvata la legge di bilancio dalla carica di Primo Ministro cui era stato chiamato dall'allora Presidente Luigi Einaudi. Se ne uscì tranquillamente dal Quirinale e al suo autista che gli apriva la porta dell'auto presidenziale obiettò che lui non era più il Primo Ministro, rifiutando il passaggio; attraversata invece a piedi la piazza si fermò alla prima fermata di un autobus e con quello se ne tornò a casa come un cittadino qualsiasi. Altri Presidenti della Repubblica, altri Uomini di Stato, altri giornalisti. La RAI-TV stava in fieri e non era diventata il carrozzone mediatico pro Renzi e suoi seguaci come quella attuale.
Adesso invece siamo in clima di "SANTO SUBITO", già sentito in questi anni alla morte di Giovanni Paolo II.
Siccome qui in rete c'è chi mi accusa di essere un populista che si abbevera di fole e dato che trattasi di persona assai educata ed intelligente ma, ahimé, nessuno è perfetto e ce n'è molti che soffrono per il ruzzolone del futuro santo e già piangono l'assenza dei suoi mirabolanti miracoli, vedrò di constatare fatti, cercando di essere sobrio, non alterato dalla rabbia, non accecato dal livore, né soffocato dalla gioia di non saperlo -almeno per adesso- in sella al suo destriero bianco col capo eretto e con la bazza in fuori a scodinzolar giulivo.
Come sindaco di Firenze non mi sembrava male, anzi ne ho auspicato uno simile a Roma. Diceva pane al pane, e tanto esempio nella nostra italiuzza del compromesso era già degno di nota. Nel merito mi esimevo dall'esprimermi perché non conoscevo a fondo i problemi della capitale toscana. Se andava bene ai suoi concittadini, devo aver pensato, deve essere vino buono.
Poi c'è stato il primo tentativo di scalata al soglio di Segretario del suo partito. Sconfitto da Bersani e dalla vecchia guardia si ritirò momentaneamente dalla lotta leccandosi le ferite e preparando la rivicita. Più che legittimo. Il tono mi lasciava però perplesso: in contraddizione alla pacatezza di Bersani il nostro eroe coniava l'espressione rottamazione politica di una classe di uomini e donne che avevano fatto la storia del suo partito, senza rispetto per nessuno, lui che ancora non aveva fatto proprio niente.
Forse è questo il nuovo linguaggio, mi suggerivo; forse per edificare nuove mura occorre abbattere le vecchie fin dalle fondamenta. Che sia veramente costui l'uomo della provvidenza?
Quando fu chiaro che Bersani con la sua flemma non avrebbe ottenuto niente da una striminzita vittoria elettorale il nostro eroe tornò alla carica rottamandolo e diventando il capo del nuovo nel suo partito. Dopo, molto tempo dopo, sapemmo che si era autoproclamato montone ben fornito di corna e di campanaccio per guidare il suo branco di pecore, ma all'inizio tantissimi -me compreso. perché tacerlo- credettero che l'uomo avesse meriti grandi, anche se non tanta esperienza che si manifestava in un linguaggio troppo crudo, ma vivaddio era ora che l'Italia nostra avesse un Capo in grado di decidere da solo e di andare avanti come un buldozer fregandosene di tutto e tutti.
Fu quello l'inizio di una primavera in cui ci si aspettava ogni giorno qualcosa di nuovo, con Letta primo ministro già tremebondo ed il nostro "enricostaisereno" in cattedra. Ma che qualcosa bollisse in pentola era chiaro a tutti.
Questi sono fatti, signori e signore che non sopportate gli -ismi, fatti che ognuno di noi ha soppesato senza conoscere il metodo di misurazione della bilancia usata, ma questi sono fatti e non fole.
Tanto per prendere fiato e chiarire.
Il giorno in cui Letta già teneva in mano il campanellino per consegnarlo ad enricostaisereno, proprio quella mattina si verificò una cosuccia strana, indicativa del carattere dell'uomo nuovo.
Attraversata Roma velocissimamente a bordo della sua SMART infilò il portone posteriore di palazzo Chigi a quaranta orari, laddove è consentito il passo d'uomo, cioè dieci-quindici all'ora. In quel momento un'auto blu stava uscendo. Lo scontro fu evitato per miracolo, ma quando i questori fecero notare al nostro che la macchina blu aveva la precedenza, un paio di telecronisti eternò e mise in scatola gli occhi levati al cielo ed il labbiale dell'irrenzi, incazzato nero come un toro nell'arena.
Questa scenetta solo adesso s'è potuta mostrare. Lo ha fatto Gazebo su RAI TRE e io ancora mi scompiscio. Il classico ma lei non sa chi sono io, maremma maiala. Ma i questori non si commossero, rimasero nell'assoluta ignoranza e lo facero retrocedere riluttante e spruzzante saliva.
Afferrato il campanellino con entrambe le mani enricostaisereno deve aver pensato di procedere come uno tsunami nel nostro panorama politico immobile nella sua pochezza. Bel oltre la metà del popol nostro aspettava gli eventi col fiato sospeso.
Ed egli iniziò l'iter della promessa grossa e fantasiosa, provocando una sparatoria di grandissime cose e progressive che sommersero ognuno di noi, colti oppur inclita che fossimo, lasciandoci tutti col naso in su ed una grande curiosità: vediamo un po' home la si rottama la nostra patria, oh via. Ed arrivò il decreto degli 80 euro al mese. Un po' a tutti, sembrava in un primo momento, poi invece no, solo a quelli che stavano meglio mentre quelli che crepavano di fame non ne avevano diritto. Eppoi gli 80 erano lordi e non netti, per cui rimanevano una cinquantina di euro scarsi per poco più di otto milioni di gente, ma comunque almeno c'era qualcuno che dava e non chiedeva, maremma maiala.
E venne il voto per il Parlamento europeo, che fu naturalmente giudicato un trionfo della nuova epoca renziana. Pensate il 40% votò PD.
E adesso chi lo reggeva più? Moltiplicò le passeggiate fuori di Palazzo Chigi per andare a bere un caffettino, lui e i quindici della sua scorta, ma che importa tanto tutti stavano lì in quel tratturo di strada con qualsivoglia tempo per veder lo nostro eroe attraversar con passetti molleggiati, le manine nelle tasche della giacchetta sempre più attillata, e il passo di una salsa brasilera, che gli era tanto bellino, gesummaria, che lo si poteva mangiar di baci, suvvia.
E poi volete mettere il nostro campeon che se ne va a Bruxelles a colloquio privato con Angela la tedescona e Holland, quel signorotto di campagna bretone o del golfo di Biscaglia, insomma francioso presidente dei franciosi. E parlava inglese il nostro, un inglese tutto suo altro che il Berlu che sapeva esprimersi solo in meneghino.
Non s'è capito molto bene, ma si mormora che da quei colloqui sia partita la spinta a forzare la mano della storia.
Hambieremo la hostituzione de sto paese vecchia e hollassata, maremma maiala, io e la toscanina bellin bellina che gli altri partiti se la sognano na ministrina hosì bellina e simpatiha e piena di vigore. Ma un l'avete vista quando ha giurato nelle mani di Re Giorgio fedeltà alla Repubbliha, hon indosso quella giacchettina blu hortina in vita e quei pantaloni sempre blu col havallo bassino bassino ché quando lei s'è 'hinata per firmare le sono scesi di molto mettendo in mostra il suo bel tanga e il suo bel hulo? Ma home l'era bellina la Maria Elena, da mangiare.
E fu così -per via del tanga o della Banca Etruria, di cui il babbo della bella Maria Elena era un pezzo grosso assai e che fu mandato a fondo e riacciuffato per i capelli forse perché scucisse ancora soldoni utilissimi alle mire del satrapo nostrano- che al nostro omo de la provvidenza venne in mente la trovata vincente.
Ma un la vogliamo fare io e te, ministrina del mio cuor, sta riforma?
Gli ballava nella testa l'ideona: si sa che gli italiani son tutti guardoni arrapati. E noi gliela mostriamo in tutte le salse la ministrina che il mondo ci invidia. Oh vai l'è andata. L'ho avuta io l'idea del millennio.
Peccato avesse dimenticato tra le chiappe delle bella ministra tutti i problemi impellenti della nostra nazioncina di guardoni arrapati certamente, ma che a casa avevano moglie e figli che non avevano più niente da mangiare. Quattro Banche salvate dal fallimento con la più bella trovata di questa Unione Europea del cazzo, l'uso cioè dei soldi dei correntisti e dei risparmiatori, sì quei poveracci che avevano risparmiato una vita per trovarsi una casa e una vecchiaia serena; e poi la Nazione invasa da giovanottoni neri neri con cellulare e orologino nuovo, tutti bei maschioni in cerca di lavoro, come sostenevano e di chissà cosa altro, non certo profughi da nessuna guerra come il ministro pescelesso, quello a capo del minipartitino delle poltrone incollate al culo andava predicando. Ma si sa che il pescelesso se non ci metti un pizzico di sale non sa di nulla.
E poi per il Sud vennero trovate le bufale più eterogenee, le barzellette più mitiche: per esempio il PONTE SULLO STRETTO, e già i mammasantissima e i pezzi da 90 si fregavano le mani. Ma sembra che lo maggior ponte d'Italia porti una sfiga maledetta: ogni volta che un primo ministro ne parla parte un siluro da non si sa dove e gli entra nel culo. Fu il cavallo di battaglia del Berlu e tutti sanno che subito dopo crollò, ne profetizzò la costruzione il grande pallonaro e PUM gli esplosero i coglions, o quel pocolino che gliene restava.
Aggiungeteci il contratto leasing di un aereo da duecento milioni, con camere da letto e salotti e una sala per discussioni amene tra uomini del destino, divinissimi culi e pescelessi al di sopra delle nuvole, libreria e impianto stereofonico e tutti i drum e dram, compreso naturalmente l'equipaggio altamente addestrato e selezionato, il tutto al modico costo di ottantamila euro al giorno, carburante escluso -tutto naturalmente a carico del popolo italiano. Insomma un brodino.
Con quell'aereo ed un superveloce elicotterone si spostava il nostro da un capo all'altro della penisola, per diffondere il nuovo vangelo in attesa del suo personale Natale, scadente il 4 dicembre, tanto per dire: la mi figliola, LA RIFORMA DEL MILLENNIO, nasce un po' prima di Gesù di Nazareth.
Sappiamo tutti come sia finita: in MERDA.
Ora si è esiliato a Pontassieve, come Camillo nella campagna romana. Aspetta che giungano i messi inviati dal Senatus Populusque Romanus a chiedergli ginocchioni di tornare a governare il Paese, andato in malora dopo che lui se n'era andato pien di cruccio, come Dante a Ravenna.
Oh grullo.
Il governo del grullo è durato qualche giorno più di mille. NIENTE di quello che ha promesso è stato in grado di mantenere: ha spaccato il paese, ha spaccato il suo partito, ha condotto da presunto DUX la cosa pubblica, accumulando disastro a disastri, ha innalzato il tetto già pesantissimo del debito pubblico a cifre insostenibili, ha fatto politica sporca da prima repubblica putrefatta curando i propri interessi e quelli della sua parte politicante ma non quelli del paese. Nessuno lo rimpiange all'infuori dei suoi adoratori somari e pecoroni.
Cercherà di rientrare dopo essersi mondato come la zoccola che va in chiesa per rifarsi la verginità e poi aspira a sposare il povero scemo del paese. Qui però non ci sono poveri scemi e se ne accorgerà alle prossime elezioni politiche, che -malgrado la benedizione di una mummia al Quirinale- dovranno essere fatte. Vinca chi vinca sarà sempre meglio che avere uno sbruffone toscano capace di camminate alla paraculo come il più squallido dei bulletti di periferia coi calzoncini ben tirati sul culetto e l'ormai incipiente panzetta sempre in mostra. È facile: basta comprare vestitini un numero inferiore del dovuto. Solo alla fine per commuovere le folle si è fatto vedere insieme alla moglie.
Troppo tardi. Dopo avere cercato di riempire gli occhi con le chiappe della sua fedelissima e non esserci sufficientemente riuscito, voleva ritornare al quadretto famigliare, il padre di famiglia, la casta moglie Agnese ed i suoi bambini, cui ha rimboccato le coperte a Pontassieve, tornando a casa dopo aver gridato con voce tremante il suo "Viva l'Italia".
Oh grullo, il popolo d'Italia ti conosce ormai. Non si farà ancora una volta inculare.
Per adesso teniamoci sto governicchio gentiloniano. Turiamoci il naso, chiudiamo gli occhi, facciamo finta di credere che sia una cosa seria, che la Boschi sottosegretario non sia la sentinella dell'irrenzi, che sto cambiamento non sia ispirato alla famosa frase del principe Salina del Gattopardo, cambiare tutto per NON cambiare niente, che Mattarella non sia un pupazzo parlante, contenti almeno che Gentiloni non abbia usato nessuno degli sproloqui del bischerone decaduto.
A volte per vivere bene bisogna anche fingere di stare bene.